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Mercato immobiliare italiano, le previsioni di Nomisma fino al 2025

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La sfiducia dei consumatori impatta sulle intenzioni di acquisto immobiliare, spiega Luca Dondi, Ad di Nomisma, oltre che sulle intenzioni di stipula di nuovi mutui casa.

“I consumatori sono consapevoli che le condizioni del credito sono peggiorate, con maggiore prudenza e selettività da parte delle banche, per tutelarsi da eventuali insolvenze. Sia a livello europeo che italiano, a maggior selettività si associa minore domanda di credito”.

In termini di numeri, ciò si traduce in una previsione sulle erogazioni di mutui a 55,2 miliardi di euro (contro i 55,7 preconizzati a febbraio), 44,4 miliardi nel 2023 (contro i 54,2 previsti a febbraio), 45 miliardi nel 2024 (contro i 58 previsti a febbraio) e 48,2 nel 2025.

A livello di compravendite, il 2022 si concluderà con 767 mila compravendite, più delle 741 previste a febbraio, per poi calare bruscamente a 665 mila nel 2023 e 659 mila nel 2024 (contro la precedente previsione a 725 e 736 mila compravendite immobiliari).

Prezzi e canoni immobiliari, le previsioni 2022-2024

La crescita dei prezzi e dei canoni immobiliari reggerà nei prossimi anni a causa dei fondamentali delle 13 città monitorate da Nomisma, il che mette al riparo le città italiane dal rischio bolla. Nel 2022 si è vista una variazione semestrale del +2,1 per cento nei prezzi immobiliari e del +0.6 per cento annuo. Il 2022 si concluderà con un aumento del 2,7 per cento per la media delle 13 principali città italiane (con Milano a +5,9 per cento e Venezia a -0.9).

Allo stesso modo si prevede un aumento del 2 per cento in media per i canoni di affitto (con Milano a +4,4 per cento e Palermo a -0.5 per cento) con un occhio al fenomeno degli affitti brevi che sottraggono alloggi alla locazione di lungo termine, meno redditizia. Come si evidenzia nel rapporto Nomisma, infatti, per raggiungere la stessa redditività annuale di un contratto in affitto tradizionale per un appartamento da 50-70 mq, a Milano bastano 141 giorni di occupazione, a Venezia 116, a Bologna 119, a Firenze 125, a Roma 188, a Napoli 205.

In generale per i prezzi di compravendita delle abitazioni si prevede un aumento del 2,9 per cento nel 2022 per quanto riguarda le principali 13 città italiane; dello 0,7 per cento nel 2023 e dello 0,5 per cento nel 2024. Per quanto riguarda il segmento uffici, l’aumento dei prezzi di compravendita sarà dello 0,5 per cento nel 2022 per poi passare a un calo dello 0.4 per cento nel 2023 e dello 0,1 per cento nel 2024 mentre per quanto riguarda i negozi si prevede un aumento dei prezzi dello 0,6 per cento nel 2022, dello 0,1 per cento nel 2023 e dello 0.3 per cento nel 2024.

Nuove costruzioni, come cambia il mercato dopo il Covid

Nel 2021, l’incidenza degli immobili di nuova costruzione acquistati si è attestata all’8,3% del totale. Nel primo semestre 2022 la percentuale è salita al 9,2%. In termini numerici, si è passati dalle 29.700 compravendite di abitazioni nuove del primo semestre 2021, alle 37.400 dei primi sei mesi dell’anno in corso. Un trend che si conferma in crescita e che per Nomisma potrebbe consolidarsi, come si può intuire dal numero di permessi rilasciati per nuove abitazioni (+8% rispetto ai livelli pre-Covid).

 Per l’Istituto bolognese, nel 2022 la priorità della domanda è rappresentata dall’individuazione di una soluzione abitativa con spazi adeguati, ove far convivere vita familiare e professionale, a differenza di quanto avvenuto nel 2021, quando il fattore di attivazione era invece rappresentato dalla ricerca di un contesto al di fuori dei grandi centri urbani.

L’offerta che riguarda le nuove costruzioni scarseggia, come si può evincere dal numero di concessioni rilasciate nell’ultimo decennio. Rispetto al 2011 la nuova superficie autorizzata nel 2022 per nuove costruzioni non residenziali risulta inferiore del 39%, mentre quella di abitazioni addirittura del 43%. Se si analizzano i primi semestri del periodo 2004-2022, si è passati da un numero di compravendite per singola concessione edilizia rilasciata pari, rispettivamente, a 3,0 per le abitazioni e a 2,3 per gli immobili d’impresa, a valori pari, rispettivamente, a 12,0 e 5,3. È evidente come il segmento abitativo sia stato quello che più ha risentito della minore intensità di ampliamento e rinnovo dello stock edilizio.

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