L’annuncio contenuto nella Manovra 2024 del governo di innalzare dal 21 al 26% la cedolare secca per gli affitti brevi sta suscitando una crescente ondata di critiche. L’Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi (Aigab) ha espresso con fermezza la sua opposizione a questa decisione, sostenendo che tale mossa “impoverisce la classe media per accontentare gli albergatori“. Secondo le stime diffuse da Aigab, l’incremento della cedolare al 26% si tradurrebbe in un aumento di tasse di 850 euro all’anno per ben 600.000 famiglie.
Il focus sulle famiglie
Aigab sottolinea che il 96% delle abitazioni destinate agli affitti brevi in Italia sono di proprietà di singoli individui. Queste 600.000 famiglie, secondo l’associazione, ricorrono agli affitti brevi principalmente per far fronte al rischio di morosità, che è salito al 24%, e per coprire le spese di possesso di seconde case, ereditate o acquistate, che richiedono pagamento di utenze, manutenzione e varie tasse. Gli affitti brevi, dunque, rappresentano una scelta dettata dalla necessità di arrivare a fine mese, non un mezzo per accumulare ricchezza.
L’intento di raccogliere maggiori tasse, pari a circa 850 euro in più all’anno (come afferma Aigab), colpirebbe la classe media, scoraggiando gli investimenti e l’utilizzo delle seconde case, che costituiscono un pilastro del patrimonio delle famiglie italiane.
Dati del settore
Le previsioni elaborate dal Centro Studi Aigab si basano sul numero complessivo delle abitazioni in Italia, che ammonta a 35 milioni di unità residenziali, secondo i dati ISTAT di marzo 2023, e sul numero di “seconde case non utilizzate,” che corrisponde a 9,5 milioni di abitazioni residenziali nello stesso periodo.
Le “seconde case inutilizzate” attualmente affittate come case brevi sono 632.000, corrispondenti all’1,8% del totale delle abitazioni in Italia e al 6,6% delle “seconde case inutilizzate.” Queste case sono prevalentemente situate in località di campagna e al mare, nonché in borghi. Nelle grandi città, circa il 15% degli immobili rimane vuoto.
In totale, le case destinate agli affitti brevi in Italia offrono complessivamente 2,5 milioni di posti letto, pari a circa la metà del totale dei posti letto nazionali. La stragrande maggioranza delle case in affitto breve è di proprietà singola (96%), mentre il restante 25% è gestito da operatori professionali, sebbene questa figura non sia ancora riconosciuta ufficialmente.
Aigab stima che ci siano circa 30.000 imprenditori e 150.000 dipendenti diretti coinvolti nella gestione degli affitti brevi, coprendo le aree delle prenotazioni, delle tariffe, dell’accoglienza, della manutenzione e delle pulizie. Inoltre, questa attività genera un significativo indotto in termini di investimenti per ristrutturazioni e home staging, coinvolgendo imprese di costruzioni, architetti e fornitori di arredi, tra gli altri.
Un appello all’equità fiscale
Aigab solleva un’allarme legato alla tendenza di un Paese a bassa natalità a diventare anche un Paese con numerose abitazioni inabitate, soprattutto dovuto a un regime fiscale poco favorevole. L’associazione si interroga sulle reali intenzioni del governo, sottolineando che l’aumento delle imposte potrebbe causare la decadenza di numerose abitazioni. Inoltre, critica la posizione degli albergatori, sostenendo che la riduzione dell’offerta di case brevi comporterebbe un aumento naturale delle tariffe alberghiere, creando un ambiente di concorrenza sleale, lontano dagli interessi dei viaggiatori e del settore turistico.