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Il Veneto piace ai turisti americani, ma i dazi fanno ombra sul futuro

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Le recenti tensioni commerciali tra Stati Uniti e resto del mondo potrebbero avere effetti indiretti anche sul turismo internazionale. Sebbene i dazi imposti (e ora sospesi) da Washington non incidano direttamente sui flussi turistici, le ripercussioni sull’economia globale potrebbero influenzare le scelte dei viaggiatori. È in questo contesto che la Fondazione Think Tank Nord Est ha analizzato il peso del mercato statunitense per il comparto turistico veneto, sottolineandone la rilevanza strategica.

Nel 2024, il Veneto ha registrato oltre 3 milioni di presenze turistiche provenienti dagli Stati Uniti, pari al 4,2% del totale regionale. Un record assoluto, con un incremento dell’8,3% rispetto al 2023 e del 26,2% rispetto al 2019, anno pre-pandemico. Di questi pernottamenti, circa 2 milioni si sono concentrati nelle strutture alberghiere, mentre quasi 1,2 milioni hanno interessato l’extralberghiero.

Gli americani mostrano una spiccata predilezione per le città d’arte: su 3 milioni di presenze, ben 2,4 si concentrano nel Veneziano, di cui oltre 2,3 milioni nella sola città di Venezia. Seguono Verona (273.000 presenze), Belluno (145.000), Padova e Vicenza (110.000 ciascuna) e Treviso (77.000).

Su scala nazionale, i dati ufficiali più aggiornati risalgono al 2023: 21,4 milioni di pernottamenti di turisti statunitensi, pari al 4,8% del totale. Solo Lazio (6,5 milioni di presenze) e Toscana (3,7 milioni) superano il Veneto in termini assoluti. Significativo anche il contributo del turismo a stelle e strisce in Campania (2,2 milioni), Lombardia (oltre 2 milioni) e Sicilia (quasi un milione).

Ma non è solo una questione di numeri. Il turista statunitense si distingue anche per l’elevata capacità di spesa. Secondo i dati della Banca d’Italia, nel 2023 i visitatori americani hanno speso in Veneto quasi un miliardo di euro, un dato secondo solo a quello dei turisti tedeschi. Rispetto al 2019, la spesa è aumentata del 42%.

L’incertezza resta comunque elevata. Se da un lato i dazi potrebbero incentivare l’acquisto diretto di prodotti Made in Italy durante il soggiorno, per evitare rincari all’importazione, dall’altro potrebbero rallentare l’economia statunitense, provocando un calo dei viaggi all’estero, soprattutto in caso di deprezzamento del dollaro. Al tempo stesso, politiche protezionistiche più rigide potrebbero scoraggiare i viaggi verso gli Stati Uniti, favorendo alternative europee come l’Italia.

A commentare il quadro è Antonio Ferrarelli, presidente della Fondazione Think Tank Nord Est:

«I turisti statunitensi rappresentano un segmento strategico, soprattutto per il turismo culturale del Veneto, in forte crescita. Le politiche protezionistiche rischiano di alterare i flussi internazionali: sarà fondamentale mantenere alta l’attrattività verso tutti i mercati. I dazi danneggiano il Made in Italy, e proprio per questo il turismo assume un ruolo chiave nel raccontare la qualità dei nostri prodotti. Le esperienze proposte agli ospiti stranieri devono saper valorizzare il legame tra territorio, cultura e produzione italiana».

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