Questo è il numero, 7 miliardi di euro, che lo Stato dovrà farsi carico a seguito di 46.447 asseverazioni depositate entro il 31 gennaio scorso. Se teniamo conto che in Veneto è presente poco più di un milione di edifici residenziali, si può stimare che, fino ad ora, questo provvedimento abbia interessato solo il 4,4% del totale degli immobili destinati ad uso abitativo. Questi i dati che emergono da uno studio della CGIA di Mestre.
Sempre secondo il Centro Studi delle CGIA il Superbonus non va “bocciato” perché ha sicuramente contribuito a incentivare la ripresa economica di un settore, come quello dell’edilizia, che ha un peso specifico importante. Tuttavia, questa misura ha provocato un costo in capo alla fiscalità generale spaventoso e non proporzionale al numero di edifici che sono stati “efficientati”.
Ora, dopo la cancellazione degli sconti in fattura e delle cessioni del credito, il proprietario di un immobile residenziale potrà beneficiare della detrazione del 90% (e non più del 110), compensando lo sconto solo in sede di dichiarazione dei redditi. È evidente che l’appetibilità dello strumento è destinata a scemare.
Tuttavia, la cosa più preoccupante è che con il decreto del Governo non è stata trovata una soluzione per le tante aziende e famiglie che sono in possesso di una massa di crediti fiscali importanti e non più esigibili. Una situazione che nel giro di qualche mese rischia di far fallire molte aziende del settore delle costruzioni.
La convinzione di aver speso troppo e di aver “drogato” anche il mercato edilizio è comunque molto elevata. Ricordiamo che questo meccanismo, che consentiva di detrarre fiscalmente molto più di quanto un proprietario era chiamato a spendere per ristrutturare un edificio, ha innescato una bolla inflattiva preoccupante, alimentata anche dal forte aumento dei prezzi registrato nel 2022 da tutte le materie prime.
A fronte di un boom della domanda che, tra l’altro, per legge doveva essere soddisfatta entro un determinato periodo di tempo, il Superbonus 110% ha contribuito a far schizzare all’insù i prezzi di moltissimi materiali (ferro, acciaio, legno, sabbia, laterizi, bitume, cemento, ecc.) e altri per molto tempo sono pressocché scomparsi dal mercato (lana di roccia, polistirene, ponteggi, ecc.).