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Airbnb, boom post-pandemia: triplicato il giro d’affari e record di alloggi attivi in Italia

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Una crescita che non conosce sosta: il fenomeno Airbnb, analizzato dal Politecnico di Torino attraverso il laboratorio FULL (Future Urban Legacy Lab), ha visto il proprio giro d’affari triplicarsi tra il 2017 e il 2024, passando da 2,5 miliardi a 8,8 miliardi di euro. Un incremento che va di pari passo con il numero di alloggi presenti sulla piattaforma, arrivati lo scorso anno alla cifra record di circa 754.000 unità attive, con un +52% rispetto al 2017.

L’analisi prende in considerazione un arco temporale ampio, includendo anche gli anni più duri della pandemia, quando le unità disponibili calarono da 642.300 nel 2019 a 494.500 nel 2021. Ma il rimbalzo post-Covid è stato deciso: già nel 2022 si è registrata una ripresa delle locazioni brevi, con il sorpasso dei livelli pre-pandemici nel 2023 e un’ulteriore accelerazione nel 2024.

Oltre alla quantità, a crescere sono anche le performance economiche per ciascuna unità: nel 2024 si sono registrate in media 70 notti prenotate all’anno per appartamento, con una tariffa media giornaliera di 167 euro, entrambi dati in aumento del 50% rispetto al 2017. Tradotto in termini di redditività, significa che ogni singolo alloggio ha generato ricavi medi per 11.700 euro all’anno, contro i 5.200 euro di sette anni fa.

Secondo il team di ricerca guidato da Francesco Chiodelli, alla base di questa impennata c’è anche un processo di crescente professionalizzazione del settore. “Sempre più host gestiscono numeri consistenti di appartamenti”, spiegano i ricercatori. Un trend che ha portato alla nascita di nuovi operatori professionali, come grandi proprietà immobiliari e agenzie specializzate che offrono pacchetti completi di gestione: dalle pulizie ai servizi burocratici.

Nel 2024, gli host attivi in Italia erano circa 350.000, con l’84% costituito da piccoli proprietari (una o due abitazioni). Ma cresce in modo significativo anche la fascia dei large host, ovvero coloro che gestiscono più di 10 alloggi: oggi sono circa 4.300, appena l’1,3% del totale, ma il loro numero è aumentato del 77% dal 2017, e insieme amministrano un quarto dell’intera offerta nazionale, con una media di 42 appartamenti ciascuno.

Il successo della piattaforma si fonda su tre pilastri: espansione quantitativa, crescente professionalizzazione e maggior redditività. Fattori che, secondo Chiodelli, iniziano ad avere un impatto concreto anche sul mercato degli affitti tradizionali, soprattutto nei grandi centri urbani.

Quanto alla tipologia di soggiorno, Airbnb resta fedele alla sua vocazione turistica e short-term, ma si affaccia anche a nuove prospettive. “In futuro – osserva il ricercatore – potrebbe aprirsi un mercato parallelo per affitti di qualche mese fino a un anno, soprattutto nelle città universitarie dove è alta la domanda da parte di ricercatori e visiting professor”.

Il fenomeno Airbnb, dunque, non solo è tornato ai livelli pre-pandemici, ma li ha nettamente superati, trasformandosi sempre più in un settore maturo, con dinamiche vicine a quelle dell’hospitality professionale e con un crescente interesse da parte di investitori immobiliari.

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